Voto col portafoglio e transizione ecologica, una possibilità di cambiamento?

Leonardo Becchetti, professore di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata, promotore della Scuola di Economia Civile e fondatore di Next-Nuova Economia per tutti, approfondisce i temi della transizione ecologica e del voto col portafoglio come strumento per il cambiamento.

 

Professor Becchetti siamo ancora nel pieno della pandemia e non possiamo più rimandare un cambiamento. Come possiamo uscirne migliori?

Dobbiamo diventare più resilienti, rendere le nostre società più capaci di resistere a shock sanitari e ambientali. C’è correlazione tra polveri sottili e decessi da Covid, quindi come dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità c’è una sola salute di persone e pianeta. Dobbiamo far ripartire l’economia, ma dobbiamo evitare che sia troppo esposta a rischio sanitario e pandemico, sarebbe devastante.

Che soluzioni possiamo trovare? Politiche fiscali ad hoc possono servire?

Abbiamo svolto molti lavori su questa correlazione e gli effetti sono stati devastanti. La Lombardia ha perso due anni e mezzo di aspettativa di vita, la Basilicata zero; già prima l’OMS ci diceva che in Italia c’erano 218 morti per polveri sottili al giorno. C’è una risposta abbastanza semplice, il 60% delle polveri dipendono dal riscaldamento domestico, quindi soprattutto al nord dobbiamo usare sistemi che non le producano come le pompe di calore.

Uno dei suoi cavalli di battaglia è il voto col portafoglio. Cosa intende?

È un modo per svegliare i cittadini che pensano che tutto dipenda dai poteri forti, invece dipende tutto da noi. C’è un solo boss nell’economia, il consumatore, che può “licenziare” chiunque semplicemente spendendo i soldi da un’altra parte. Con le scelte di consumo possiamo premiare le aziende all’avanguardia nel creare valore economico, sociale e ambientale. Se lo facciamo tutti il mondo cambia. Il voto col portafoglio è una leva importantissima: in finanza ormai ha vinto, il 77% del mondo voterà col portafoglio nei prossimi due anni e Larry Fink, il numero uno al mondo, dice di farlo. Sul consumo si va un po’ più lentamente, ma abbiamo creato un sito on line di consumo sostenibile che consente agli italiani di votare col portafoglio dallo smartphone. I cittadini devono essere coscienti del potere che hanno, pensare che i problemi ce li risolva l’uomo della provvidenza è un errore che paghiamo sempre caro.

Parlava di Gioosto, ma c’è ancora da fare sulla consapevolezza dei consumatori. Pensa sia opportuno incidere sull’Iva in modo diverso rispetto a quanto una azienda è effettivamente sostenibile?

Ci sono due fronti, intanto dobbiamo svegliare i cittadini. Abbiamo fatto un cash mob con Legambiente e Gioosto, sono tutte storie spettacolari: economia carceraria, materie seconde, lavoro per categorie svantaggiate. L’altra cosa che sta esplodendo è la “Marca del consumatore”, consumatori che non solo votano col portafoglio, ma creano anche il loro prodotto. È molto interessante questo protagonismo dei consumatori, ma c’è bisogno anche di policy. La prima è lo stato che vota col portafoglio negli appalti, quindi green and social procurement. L’altra grande questione è il commercio internazionale: in Europa siamo i primi della classe per standard di costo del lavoro, ambientali e fiscali. In realtà, svantaggiamo le nostre imprese a favore di altre che in altri paesi hanno costi molto minori. Dobbiamo evitare che le nostre qualità ci danneggino favorendo il dumping sociale e ambientale. L’UE parla di Border-adjustement tax: su tutti i prodotti che verranno da fuori Europa verrà applicata un’Iva aggiuntiva se sono al di sotto dei nostri standard. Se ne parla molto anche negli Stati Uniti, c’è la grande opportunità di un accordo per far vincere le imprese sostenibili e il voto col portafoglio.

Sta costruendo una rete sempre più larga per creare consapevolezza nel cittadino comune e fa parte della Scuola di Economia Civile. Insomma, questo tema sta prendendo sempre più piede.

Accanto alle azioni pratiche, sviluppiamo una riflessione che le accompagna: le due parole chiave sono generatività e partecipazione. Le persone sono felici se sono generative, se sentono che la loro vita è utile a qualcun altro. Questo tema è fondamentale: con il Festival dell’Economia Civile stiamo misurando la generatività sociale, economica e delle generazioni delle province italiane, quindi quanto creano le condizioni per la felicità. Mettere la generatività al centro della vita sociale e politica è la grande sfida dei prossimi anni e ci può indicare la direzione verso progresso civile e benessere.

Possiamo permetterci il “lusso” di essere ottimisti o c’è ancora bisogno di tanto realismo e fatica?

L’ottimismo viene anche dal vedere le cose che cambiano. Magari i cambiamenti sono lenti, ma questo desiderio di generatività ci porterà nella direzione giusta. Dobbiamo essere felici di seminare e non pretendere risultati immediati che non dipendono da noi, ma da una serie di incroci. Io mi occupo di queste cose da vent’anni e il cammino lo vedo, al di là dei piccoli passi avanti e indietro della politica.

Il tema della transizione ecologica sta diventando mainstream, cosa ne pensa?

La transizione ecologica è la grande sfida dopo la pandemia, entro il 2050 dobbiamo arrivare a zero emissioni: dobbiamo cambiare tutto. Non è facile e ad oggi probabilmente non abbiamo tutte le tecnologie necessarie, ma il progresso è forte. Abbiamo bisogno di meccanismi di mercato, istituzioni benevolenti, imprese responsabili e cittadini attivi.

Ha usato spesso la metafora delle quattro ruote dell’auto, spesso in questi anni siamo andati su due. 

Sì, purtroppo è un difetto del nostro Paese. Lo vedo anche sui social, con l’idea che il tuo protagonismo sociale è tifare l’uomo della provvidenza giusto. È sbagliato, perché in una società complessa come la nostra non può fare nulla, anzi finiamo per distruggerlo. Dobbiamo capire che il cambiamento civile avviene con un concerto di forza che mette assieme buona politica, imprese responsabili e cittadinanza attiva.

Ha parlato del tifo sui social. Lei mette tanto impegno per dare una visione diversa e argomentata. Crede che questo lavoro debba essere fatto con più metodicità da molte più persone?

È fondamentale, perché dobbiamo convincere l’opinione pubblica e abbiamo degli strumenti formidabili. Ad esempio Twitter è uno speaker corner dal quale puoi parlare potenzialmente a sette miliardi di cittadini in tutto il mondo e in qualsiasi momento. Usare bene questi strumenti per aiutare le persone a cambiare il pianeta è molto importante, anche se è difficile e non sempre rende bene.