LA DIGNITÀ DI OFFRIRE LAVORO

LA DIGNITÀ DI OFFRIRE LAVORO

Presentata, con il professor Zamagni, ‘La Fabbrica dei Talenti’: un modello virtuoso di ‘nuovo welfare’

È stata presentata ‘La Fabbrica dei Talenti’, l’idea nata da ‘Progetto Insieme’ di Caritas diocesana di Modena. A ‘svelare’ il progetto stesso, il professor Stefano Zamagni, intervenuto insieme al vescovo, don Erio Castellucci, e all’assessore alla coesione sociale del Comune di Modena, Giuliana Urbelli. Zamagni ha tenuto banco, con un intervento molto apprezzato: “Come mai una realtà diocesana ha dato vita a questa iniziativa della Fabbrica dei Talenti? Perchè mai deve essere una realtà di tipo ecclesiale a farlo? Non ci sono già le strutture di mercato? Prendo le mosse dal talento: sono distribuiti tra le persone dalla natura, ma quelli che abbiamo per trasformarsi in atto hanno bisogno di altro. Ad esempio di istituzioni, l’insieme di regole del gioco, di norme e procedure, che regolano la convivenza. I talenti ci vengono donati, però sta alla società organizzata consentire che possano dare frutto. Posso gettare il seme, ma se la terra non è stata dissodata il seme muore, e qui per terra intendo le istituzioni socio economiche. La nostra situazione è tale per cui una gran parte dei talenti, che pure esistono, non danno frutto”. Zamagni ha spiegato che la globalizzazione è figlia degli ultimi 40 anni: “È sempre esistito l’import export delle merci, ma la globalizzazione prevede anche di delocalizzare i fattori della produzione (lavoro, terra, capitale). Quello che è accaduto ha fatto sì che si sia realizzata una asimmetria tra l’assetto istituzionale e la distribuzione dei talenti. Perchè in Italia 26% di giovani sotto i 30 anni non lavorano e non studiano? Non è che hanno meno talenti, anzi ne hanno di più ma non riescono a farli fruttare e non fanno letteralmente niente: questo è un delitto contro l’umanità. Si condannano intere categorie di persone allo spreco, come dice il Papa. Questi giovani sono quasi tutti diplomati o laureati, i più coraggiosi vanno all’estero, ma a noi fa problema non la mancanza dei talenti, ma la capacità di tradurre in atto ciò che esiste in potenza. Ci limitiamo a ‘riformine’, ma dobbiamo cambiare davvero le regole del gioco. Ci vuole una trasformazione; le riforme vanno bene in condizioni sono normali, oggi ci troviamo di fronte a condizioni eccezionali. Non possiamo continuare a mettere pezze nella camera d’aria delle bicicletta, dobbiamo cambiare l’intera camera d’aria!”. La metafora rende l’idea e la Fabbrica dei

Talenti, secondo Zamagni, ha questo valore. “L’orizzonte di questa idea non è di aggiustare, di dare qualche lavoretto in più. Ma mandare un segnale, c’è un valore reale ma soprattutto simbolico. La società civile a Modena, in questo modo, manda un segnale alle imprese, alla politica, agli intellettuali, alle amministrazioni… Se non aggrediamo cause generatrici del fenomeno non ne usciremo”. Secondo Zamagni non è strano che questa proposta venga dal mondo ecclesiale. “Chi conosce la storia del movimento cristiano lo sa bene. Nel 1400 i francescani hanno inventato economia di mercato con i Monti di Pietà, le banche (che non devono essere profit per natura). Pensiamo poi alla rivoluzione in agricoltura portata dai cistercensi. Le Casse rurali, oggi Credito Cooperativo, furono poi fondate dai parroci nel 1800. Infine don Bosco: il primo contratto di apprendistato è avvenuto per merito suo, a fine ‘800. Da sempre il mondo della Chiesa si è posto il problema della fase di transizione. Non è strano che oggi in Italia vi sia un ritorno di attenzione da parte del mondo cristiano a inserirsi in attività e a richiamare l’attenzione su istituzioni e imprese”. A proposito di queste ultime, Zamagni ha tuonato: “Non si può chiudere una impresa e andare all’estero! Se hai avuto successo con la tua impresa è merito tuo, ma anche della società civile che ti ha aiutato. Se vai via devi farti carico dei costi per un certo numero di mesi o di anni di chi mandi a casa… questa è una legge da fare. Non posso fare i miei comodi, se vado via devo caricarmi dei costi indiretti: questa legge negli Stati Uniti la stanno facendo. Come è ben strano che chi torna, dopo aver delocalizzato, possa accedere ad aiuti”. Concludendo il professore ha spiegato: “Questa iniziativa allora ha un suo valore reale, ma anche e soprattutto simbolico. Lancia un messaggio perchè si affrettino i tempi per riscrivere le regole del gioco. Abbiamo 800mila bambini in Italia sotto nutriti, questi sono persi per sempre… se sono sotto nutriti non riescono a sviluppare i neuroni e questo farà sì che renderanno poco da grandi. In Italia stiamo arrivando a livelli altissimi di diseguaglianza, questa va combattuta. Per aiutare i poveri assoluti do la sportina, per diminuire la diseguaglianza faccio la Fabbrica dei Talenti”. La chiosa finale parte da una citazione di Aristotele: “La virtù è più contagiosa del vizio ma va fatta conoscere. Le cose le faccio bene ma in silenzio… ma scherziamo? Quando si fa il bene bisogna farlo conoscere a tutti”. Il convegno, iniziato con la presentazione del progetto da parte di Mauro Rebecchi di Progetto Insieme, è proseguito con gli interventi dell’assessore Urbelli, del vescovo e con un video che ha dato valore ai partner, tra questi la Fondazione Filippo Marazzi (davvero in prima linea su questo progetto), Bper Banca e Banca Popolare di San Felice, oltre a diversi soggetti, dal Centro Servizi per il Volontariato a Coopattiva, da Porta Aperta allo studio della dottoressa Francesca Setti. La conclusione del vescovo di Modena, don Erio Castellucci: “Prima di venire qui ero a un convegno sulle cure palliative, ebbene il primo hospice in Italia è nato presso un istituto di suore. Non è per fare auto incensazione, ma per dire che questo metodo che Gesù ha introdotto, cioè puntare sui talenti, rappresenta il contributo fondamentale del cristianesimo alla società umana. Gesù non è compassionevole in senso deteriore, ma è uno che attiva. Vi sono tre livelli di fronte a chi ha bisogno: l’indifferenza, la compassione che vede il bisognoso come un destinatario (livello indispensabile, ma intermedio), poi c’è attivare la risorsa, il talento, della persona, ovvero renderla soggetto. Pensate a Gesù e Zaccheo: il Signore non passa oltre, non lo tratta da poveretto perché non era amato, ma anzi lo attiva. Questo è il motivo per cui bisogna dire bene di questo approccio, perchè restituisce dignità alla persona”.