Il Terzo Settore genera fiducia, la fiducia felicità

Progettazione sociale e ruolo del Terzo Settore, questi i temi affrontati da Paolo Venturi, direttore di AICCON, ospite a Cooling Break.

Dal punto di vista della Governance in questo periodo di Pandemia il Terzo Settore è stato il grande dimenticato?

Sì e lasciarlo ai margini è stata una scelta sbagliata perché questa non è una crisi come le altre, non è una crisi economica ma ha un tratto nuovo. Pensiamo al tema della quarantena che ha reso ancora più urgente il ruolo di tutte quelle organizzazioni che costruiscono connessioni di mutuo aiuto. Il fatto di non averle incluse nella Governance ma averle attivate solo in caso di emergenza ha reso tutto molto complicato. Sappiamo bene che il Terzo Settore funziona quando è incluso nella strategia non quando è utilizzato come soggetto gestore o come soggetto che va a riparare danni. C’è un articolo scientifico che è uscito nella prima parte della Pandemia scritto dai medici dell’Ospedale di Bergamo, dove veniva sottolineata l’importanza di un approccio ‘Community Center Care’, cioè basato sull’infrastruttura comunitaria, come a voler dire che anche la salute senza una comunità non riesce ad essere protetta. La salute è un bene comune e come tutti i beni comuni postula meccanismi di cooperazione e collaborazione, non bastano un Governo efficiente e delle risorse pubbliche.

Nel progettare il dopo Covid quale contributo possiamo aspettarci dal Terzo Settore?

Questa Pandemia ha dato un nuovo significato a tantissime cose e oggi vediamo come sia importante il concetto di comunità, di reti tra soggetti diversi che condividono prospettive comuni, segno evidente di una fase che ha spinto le persone a stringere alleanze intorno a degli scopi, a delle sfide.  Al centro di queste alleanze ci sono organizzazioni del Terzo Settore, della cittadinanza attiva, dell’impresa sociale. Per fare economia oggi più di prima, servono organizzazioni in grado di mettere in campo fiducia e che abbiano un rapporto solido e credibile con il territorio. Io non parlo mai di ripartenza perché non siamo mai stati fermi, abbiamo però la responsabilità di accompagnare l’innovazione proprio per non tornare al punto di partenza.

Qualche giorno fa hai pubblicato il rapporto del World Happiness Report in cui ci sono una serie di indicatori su come essere trasformativi e ripartire, ce ne puoi parlare?

Quello è un report molto interessante perché la felicità è collegata solo fino a un certo punto al mondo economico, ma da un certo livello in avanti ciò che aumenta la felicità è in gran parte la qualità delle relazioni, cioè i significati che si producono. Questa idea è entrata nell’economia da 20 30 anni e le Nazioni Unite hanno costruito un report che stila ogni anno una graduatoria dei Paesi più felici: in cima c’è ancora la Finlandia ma l’Italia negli anni ha scalato molte posizioni fino ad arrivare al 25° posto. Quest’anno evidenzia come il tema della fiducia sia stato un elemento fondamentale perché nei Paesi in cui la fiducia dei cittadini era più alta a parità di condizioni si sono avuti meno decessi proprio perché le politiche pubbliche hanno funzionato meglio. La felicità pubblica, direbbe Genovesi, è anche la più grande infrastruttura per rendere le politiche sempre più efficaci. Un popolo felice fa funzionare meglio l’amministrazione pubblica e il mercato. Inoltre i Paesi in cui le politiche sono state più efficaci sono tutti Paesi guidati da una donna: l’elemento femminile è sempre correlato al tema della fiducia.

Un esempio di innovazione sociale nato dalla Pandemia?

Abbiamo finalmente capito cosa si intende per ‘abilitante’, questa parola di cui si parla sempre nei convegni. Molti servizi e molte attività sociali, come l’educazione e lo sport, hanno costruito nuove filiere attraverso il digitale e le piattaforme.

‘Consegne etiche’ è un’esperienza è stata costituita a Bologna proprio per quello che è successo durante la Pandemia ossia che volontari, studenti e cittadini liberamente si sono assunti la responsabilità di portare cibo, ricette mediche e altri beni alle persone in difficoltà. Oggi a Bologna c’è la possibilità di ricevere cibo, libri, prodotti da fattorini che hanno un salario e non sono rider.