La strada dell’utopia
Distopia (ovvero attendersi un futuro disastroso e attrezzarsi con un bunker in Nuova Zelanda come stanno facendo i magnati della Silicon Valley), retrotopia (ovvero l’utopia del poter tornare indietro e la paura del futuro che fa erigere muri) o una ‘nuova’ utopia che sia sostenibile? E’ questo il ‘trilemma’ che il professor Enrico Giovannini, portavoce di Asvis (l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) ha proposto parlando del suo ultimo libro intitolato ‘L’utopia sostenibile’. Giovannini è partito da previsioni di futuro da film horror (previsioni che, in realtà, sono assai meno improbabili di quanto si pensi) tra cambiamenti climatici, crisi dell’acqua potabile, migrazioni di massa, aumento delle disuguaglianze e ha affermato con nettezza: “Le condizioni ambientali sono insostenibili, ma lo schianto avverrà prima per l’insostenibilità sociale. Vuoi vedere che il problema è principalmente di giustizia?”. Il club di Roma, già negli anni ‘60 del secolo scorso, aveva vaticinato un progressivo collasso del mondo a partire dal 2030 e gli indicatori che erano stati previsti olrmai 60 anni fa si stanno effettivamente verificando. “E se fosse vero che il mondo collasserà? – si è chiesto Giovannini – . Vi sono tanti piccoli conflitti in giro per il mondo, il massimo storico. E’ vero che provocano meno meno morti ma la situazione è molto delicata e nel frattempo la percentuale di popolazione che soffre la fame sta riprendendo quota dopo anni di calo. L’idea che se mettiamo soldi in tasca e facciamo investimenti tutto riparte, ovvero che il modello attuale funzioni ancora, non regge a questo scenario”.
E allora? Allora si torna all’utopia sostenibile e, in particolare, ai 17 obiettivi che l’Onu (ovvero i paesi membri) hanno siglato nel 2015. I 17 ‘SDGs’ (Sustainable Development Goals ovvero obiettivi per lo sviluppo sostenibile) vanno, secondo il professore “imparati a memoria. Economia, ambiente, società e istituzioni sono i quattro pilastri fondamentali, mentre i tre principi sono integrazione, universalità e partecipazione. Gli SDGs rappresentano una agenda per i governi, le imprese, la società civile, gli individui. Non dobbiamo negare che la svolta da dare è di proporzioni gigantesche”.
Il nodo individuato da Giovannini è quello dei costi: “Chi deve pagare per errori che tutti abbiamo commesso finora? I giovani? O anche tutti noi?”. Passando dal fenomeno Greta (“è sicuramente importante che le nuove generazioni si mobilitino, ma devono capire anche gli adulti”) e da papa Francesco (“ha perfettamente ragione, mentre produciamo e consumiamo costruiamo scarti fisici e umani, le persone non possono essere considerate un costo”), Giovannini ha parlato dell’Italia: “Vi sono alcuni miglioramenti ma siamo molto distanti dal raggiungimento degli obiettivi”. E ha chiuso monitorando la legge di Bilancio, che è stata riletta proprio in ordine agli SDGs dell’Onu. In sostanza la strada da fare è ancora (molto) lunga e tortuosa. Ma è l’unica percorribile.